Sono nati nel 2008 come band heavy metal, cresciuti in un garage di pochi metri quadrati al civico 15 di una via segratese, occupato da due batterie, tastiere, casse acustiche, mixer e un numero infinito di microfoni. Loro sono i Box 15, gruppo composto da Riccardo Diaferia (voce e 2a chitarra) Alessio Gnuva (basso), Andrea Chiari (chitarra solista e cori) e Riccardo Ierardi (batteria).
Abbiamo incontrato Diaferia e Gnuva, di ritorno dall’ultima data di promozione del nuovo EP al Blue Rose Saloon di Bresso.
«La serata è andata molto bene e c’era un bel pubblico caloroso. Uno dei nostri obiettivi era riuscire a tener “il tiro” per un concerto di un’ora. Impresa impegnativa per noi che per la prima volta davamo vita a uno spettacolo così lungo presentando solo le nostre canzoni, tra cui due inediti “Meglio ballare” e “Un’estate da Peter Pan”».
Riccardo, quando ci hai contattato, hai specificato “Riccardo, quello grande”…
«Siamo in due, io sono quello vecchio… Riccardino ora è a Sharm El Sheik, non in vacanza ma a suonare per lo Smaila’s».
Alessio, inizialmente vi chiamavate “Hell Shout”
«Eravamo una band di tre elementi. Non essendo ai tempi una cima a scuola, sono andato a fare ripetizioni da Riccardo “Il grande”. In camera sua ho notato subito un poster enorme degli AC/DC e sotto una foto del suo vecchio gruppo. Gli ho chiesto se voleva provare a cantare con noi. Il fatto era che noi avevamo 14 anni e lui 22. Ma Riccardone decise di intraprendere lo stesso questa esperienza».
Eri un po’ il loro babysitter, Riccardo!
«Loro avevano molto più talento di me a suonare, ma ho pensato che potesse servire qualcuno che li aiutasse ad organizzarsi meglio. Anche la mia ragazza mi disse che avevo proprio un bel coraggio…».
Dopo gli Hell Shout, avete fatto una pausa per dar spazio a esperienze professionali e personali all’estero. Ierardi ha conseguito il Diploma di Popular Music Performance alla Tech Music School di Londra. E tu Riccardo?
«Io sono stato in Nuova Zelanda per scrivere la tesi universitaria e poi mi sono spostato a Londra alla UCLA (Università di Londra), dove ho approfittato per vedere Riccardino con il quale ho suonato in occasione di diverse jam sessions».
Fino a quando poi avete deciso di ricominciare, vi siete riuniti, avete accantonato il vecchio sound metallaro e avete cestinato il nome del gruppo. Perchè questo cambiamento così radicale, Alessio?
«In Italia, un genere musicale così spinto va veramente poco. O sei fortunato e hai agganci, oppure ti limiti alla semplice riproduzione di cover. Con il tempo abbiamo sperimentato il metal, l’hard rock e infine il rock. È stato naturale e inevitabile passare a un rock melodico esclusivamente italiano. Abbiamo semplicemente colto l’occasione per cambiare».
Italiano è anche il nuovo nome della band, perchè voi ci tenete a sottolineare che non si pronuncia “fifteen” ma “quindici”.
«Noi suonavamo nel box di Riccardino. Abbiamo preso spunto da dove siamo nati come gruppo».
Qual è la prima canzone che avete inciso?
«”Quello che non ho”. Prima incisa in inglese e poi rifatta e riarrangiata. Il testo è molto semplice e il tema principale è “non rimpiangere”. È la canzone di riferimento dell’EP.».
A quando risale il primo lavoro artistico dei BOX 15, Riccardo?
«A marzo 2012. Siamo andati al Project Studio 59 di Cernusco sul Naviglio, dove abbiamo inciso il primo EP che racchiude “Quello che non ho”, “La pazzia”, “Un caffè, una bugia” e “Insieme”. Quest’ultima è una canzone dedicata a una persona che ho perso per strada. Si è ammalato di leucemia ma nonostante i suoi sforzi incredibili non ce l’ha fatta. L’avevo scritta già ai tempi degli Hell Shout, era l’unica canzone in italiano di quel periodo. Abbiamo valuto tenerla sia per l’affetto personale che per ricordarlo. Suonare è un modo per stare insieme e mantenere vivo il ricordo».
Dopo la prima incisione, arrivano poi i live, per lo più nella zona di Milano e poi anche a Segrate. Dove vi siete esibiti?
«Al Live Forum, al Rock & Roll. Ma poi abbiamo cercato di stare più vicini a Segrate. Perchè è bello farsi conoscere nella propria città. Abbiamo sfruttato alcune occasioni, tra cui il Violet e la Festa Cittadina di San Rocco al Centro Parco nel settembre scorso».
Avete suonato anche all’Alcatraz per la finale nazionale di Emergenza Festival, concorso che promuove i gruppi emergenti.
«Sì, siamo stati selezionati al Legend 54 di Milano. Quella sera è stata una grande serata e c’è stata un’elezione interna al gruppo. Andrea ha vinto il primo premio, una chitarra molto bella che abbiamo invidiato tutti! Lui sembrava “tarantolato”, ha fatto un’esibizione eccezionale».
Ma non è finita, perchè sempre a giugno avete partecipato al Music Awards targato Hyundai, che metteva in palio un contratto con la Universal.
«È stata un’esperienza estenuante. Abbiamo portato “Un caffè, una bugia”, che è stata selezionata inaspettatamente tra almeno 3mila canzoni da una giuria tecnica capitanata dalla madrina e cantante Emma della trasmissione televisiva “Amici”».
Riccardo, tu aggiorni un diario sul quale scrivi tutto quello che capita al vostra band, compresi gli intoppi. Raccontaci qualche episodio indimenticabile.
«Penso che Alessio sia il più indicato per illustrare questi aneddoti, visto che è praticamente sempre lui il protagonista…».
«È vero, io sono stato etichettato “L’uomo di ferro” perchè mi sono rotto tutto. Una volta in particolare, dopo essermi esercitato a far ruotare sulla mia testa il basso (strumento che ha un peso e una lunghezza diversi dalla chitarra, abitualmente utilizzata per questo tipo di esercizio), ed averlo fatto poi dal vivo in una serata di Emergenza, con ottimi risultati, ci ho preso gusto. Troppo. In un’altra occasione, era tutto programmato, durante lo stacco di una canzone ci riprovo, ma il basso si stacca perchè hanno ceduto le meccaniche, rimbalza per terra e vola, nel prato del Violet!».
Quindi abbiamo anche i testimoni segratesi!
«Eh già, c’era mezza città… al momento tra l’altro non sapevo come uscirne. Mi sono messo a ballare sul palco e ho chiesto aiuto a Riccardino. Gli altri sono andati avanti a suonare come se nulla fosse, finchè un mio amico non mi ha ripassato lo strumento».
E a proposito dell’episodio dell’ascensore… sei sempre tu, Alessio, il protagonista?
«Purtroppo sì. Siamo andati a far visita a un’etichetta discografica. Dovevamo scendere nel seminterrato, non erano neanche tre gradini. I due Riccardo sono scesi a piedi, ma io e Andrea abbiamo preso l’ascensore, rimanendo chiusi dentro…».
Quali sono i vostri prossimi impegni e progetti artistici?
«Stiamo preparando una nuova canzone “A volte (ora che ci siete voi)”, molto intensa e ricercata che speriamo di suonare presto dal vivo. Stiamo cercando una direzione artistica nel tentativo di fare quel passo in più per toglierci qualche soddisfazione. Intanto, abbiamo in programma due concerti, l’1 dicembre a Villa Olimpo di Vertemate con Minoprio e il 19 dicembre all’ARCI Tambourine di Seregno».
Per info: www.facebook/BOX15band.