“Quello che ho scritto, quello che suono e che canto, quello sono io”. Lo ripete, ci tiene a rivendicare questa sacra libertà, una sorta di purezza. Non che Pit Drane, al secolo Pietro Lisciandrano, scansi l’idea di trovare un’etichetta che pubblichi i suoi prossimi lavori, anzi, ma il primo EP, “Do you think I hide” è tutta roba sua, senza filtro alcuno, senza un target preciso, senza gusti da assecondare. È uscito lunedì, per ora si trova on-line, su iTunes, Spotify, i soliti canali. Perché Pit Drane sui social va forte, è attivo da anni, nonostante Pietro di anni ne abbia appena 19.
«Ho iniziato a suonare da piccolo – racconta -, i primi brani li ho buttati giù tra i 13 e i 14 anni. Il quarto anno di liceo l’ho trascorso a Londra e lì le cose sono un po’ cambiate. Ho partecipato al talent della scuola, poi una ragazza mi ha sentito e mi ha portato a suonare in alcuni locali della città». Una svolta per lui, da Segrate a Londra e ritorno, con la stessa passione ma forse una consapevolezza diversa di quel talento. Un entusiasmo contagioso quello di Pietro, ma anche un’ansia di comunicare a modo suo, con quella chitarra a tracolla e quella voce che galleggia e poi affonda, accarezza e graffia, cambia tono con estrema naturalezza.
Una voglia di raccontarsi che lo ha portato nei locali sì, ma anche in strada. «Mi piace suonare così, è un buon modo per farti conoscere e in parte mi è servito a raccogliere i soldi per autoprodurre il disco – spiega -. E poi non ci sono paletti, tecnici o di scaletta, con i quali spesso devi fare i conti nei locali. In strada è tutto più diretto, il pubblico è interessato, altrimenti non si ferma e tira dritto». Ancora quella sincerità, quel bisogno di schiettezza, di mettere in musica la propria personalità e presentarla a chi ascolta. Senza maschere. “Do you think I hide” contiene quattro brani, diversi l’uno dall’altro, sperimentali in parte, istintivi in toto. Si passa dal ritmo incalzante della canzone del video, pubblicato a ridosso dell’uscita del disco e anche questo autoprodotte, a melodie più riflessive.
«Ho studiato tanto la chitarra classica e poi quella elettrica, ma quando ho deciso di scrivere brani miei e abbandonare le cover mi sono avvicinato all’acustica. Mi sembrava lo strumento giusto, il suono che cercavo e sul quale potermi esprimere al meglio». E ha funzionato. I primi giorni sono stati intensi, particolari, ricchi di soddisfazioni. «Ricevo tanti feedback sui social, gente che mi fa i complimenti, postano gli screenshot di loro che ascoltano il disco – dice Pit Drane -. Ad alcuni piace un brano, altri preferiscono una traccia diversa. Anche questo confronto è positivo, bello».
Un mix di stili che ricorda in parte Ed Sheehan: rhythm and blues, pop, rock, r&b, insieme senza forzature, un sound delicato e originale. A settembre organizzerà una serata per presentare l’album, ma l’estate sarà ricca di live, qui e altrove, perché la sua musica è viva, corre veloce sul web, ma indugia anche all’angolo di una strada, dentro un locale, ovunque ci sia qualcuno pronto ad ascoltarla.